Lembi ci separano


Accetto lo sgravio dell’occhio
a farsi falena nella lampada oscurata
dal mattino gravido.
Parto lento all’andamento dell’alba
faccio braccia di schiuma
per nuotare la tua vicinanza.

Hai fiamme nella bocca e sei la luna
stessa, hai occhio nella bocca per purificare
questo singulto, che ti chiama, con le
lettere del nome.*


Mentre vedo la tua testa
inchino la schiena al mormorare
della donna che nasco.
Ho avuto pace sul seno
dell’ora e inondo la sabbia
fremendo del tuo vagito.

Ho posto il tuo nome dentro un cuore
che s’accerchia attorno un tronco, la
scorza invece tiene sempre a te, e non
ti travalica il monte.*


Non sentenziando discosto
i lembi che ci separano
ingurgitando la crepa che differisce
inerme dalla mia stanchezza.
Sono fatta d’orecchio per indossare
gli stralci tondi del tuo suono.

Il gesto impuro sembra tocchi mete inconsulte;
tuo nome resta allacciandosi col vuoto
ti pongo scritto sulla scorza dura,
e mantieni il tuo voto.*

 
Sono mani la mia vetta
a corollario del silenzioso battesimo.


M. C. T.


* A. Rosselli, Parole nude sul tronco dell’albero, nuda, in Serie ospedaliera.
Immagine La Speranza I (1903), Gustav Klimt.