Banchina di grani e onde


Ramificato nel petto
il tuo passo
a distogliere
il pensiero
dall’incrinarsi
su se stesso. Pillole
tonde che navigano
nella bocca
approdando nell’ansa
del palato nobile.

Conto i grani come fossero onde
che mi martellano contro,
saperne il numero mi fa ammalare,
afflitta, afflitta nel cuore dell’estate
e la finestra sopra di me
è la sola che mi ascolta, il mio essere goffo.*

 
Nominarti
sulla banchina
raschiata dal vento
il rostro assiepato
all’attimo dell’incontro.

Dà in abbondanza, è rilassante.
L’elargitrice del respiro,
lei, mormora,
i suoi polmoni esalano come quelli di un enorme pesce.*

 
Raccolgo paziente
la tua voce
imbastendo abiti
da indossare sulla
soglia del richiamo.
Alle spille chiedo
l’ultimo sforzo.
Mentre scaccio il vento
dall’al di sotto
del tuo piede.


M. C. T.


* A. Sexton, Per l'anno dei folli, in L'estrosa abbondanza.
Immagine Nudo di fanciulla sdraiata (1918), Egon Schiele.

Palude di oblungo porpora


Dall’oblungo porpora
risale la palude
carezzevole.
Cucchiaio imbandito
la sede mutevole
delle tue parole.

Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.*

 
Gomiti esperti
a tener saldo il mio
volto la spinta
a risalire
dalle spirali
incolore. Eccedo
stringendo le dita
incollando la presa
a dune di sabbia.

A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio,
alterna la tua chiave.

Alterna la tua chiave, alterna la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.*

 
Oscillo saldando
il mio orecchio
a corteccia muta.
Laddove come fiore
s’allarga la spezia
che m’inonda
salata la bocca.

A seconda del vento che via ti spinge
s’aggruma attorno alla parola la neve.*

 
Senza vento rilascio
le mia braccia
al tortuoso incedere
del prossimo cielo
e metto via sassi.
A costruire letti
per il fiume a venire.


M. C. T.


* P. Celan, Con alterna chiave, in Di soglia in soglia.
Immagine Donna accovacciata con foulard verde, Egon Schiele.

Risacca della tua solerzia


Al corpo del tuo
dono al corpo
della soglia
strappo morsi
come fossero
parvenze di grani.

E per colmare il vuoto della mia altra essenza
mia madre mi lavò con acqua torbida
mi condusse sul pendio di ogni montagna
e al vortice delle domande mi consegnò.*

Mastico l'alba
della tua solerzia
chiudendo con spille
la risacca aperta
dal tuo passaggio.
Balia dolce al
mio sonno equidistante
dall'angolo della
mia spalla.

Mi consacrò all'Eva della vertigine
e mi impastò con il buio e la luce
affinché diventassi donna-bersaglio e donna-freccia
trafitta e gloriosa
angelo dei piaceri senza nome.*

Arrotondo tazze
per accogliere pani
al frutto di madreperla
colto dal piede
del tuo cammino.


Straniera crebbi e nessuno mietè il mio grano.
Disegnai la mia vita su una pagina bianca
mela che nessun albero aveva partorito
poi la ritagliai e ne uscii
una parte di me vestita di rosso, un'altra parte di bianco.*

Intingo i miei occhi
nei laghi
di mare dolce
e contando

raduno chicchi
al pasto prossimo.
Appeso sul fondo
della tovaglia inamidata.



M. C. T.


* J. Haddad, Quando diventai un frutto, in Il ritorno di Lilith.
Immagine MoonWolf, Federica Lampis

Rinchiusa nell'osso del petto


Battenti scarni
di soave
reticenza
il laccio
stretto dell'abito
a rinchiudere
la gola
sopita.

Era impaziente di ritrovarsi da solo per riaprirlo alla pagina che aveva segnata; quando finì di leggere, ricominciò. Si trattava del passo dei Re in cui si parla dello stupro commesso da Amnon sulla sorella Tamar.*

La frusta
imperante
dell'onda nera
dei suoi
capelli catena
che duole
nell'osso
incerto del petto.

Una possibilità, che non aveva mai osato affrontare, gli si presentò. Gli fece orrore. Gettò la Bibbia in fondo a un cassetto. Donna Anna, che voleva tenere in ordine i libri della madre, gliela richiese parecchie volte.*

Smania vestita
di farsetto
acciambellata
alla seta
di caviglia
ed orlo
di veste.

Lui dimenticava sempre di restituirla. Lei non ci pensò più.
Qualche volta, mentre lui non c'era, Anna andava nella sua stanza. Miguel temeva che lei aprisse il libro a quella pagina: quando usciva lo nascondeva con cura.*

Assisto al
naufragio
dal vano vuoto
del tuo guanto.
Sulle colline
brulle del
nome erigo
lapidi
per la tua bocca.


Maria Catena anche tu
conosci quel nodo che stringe la gola...**


M. C. T.


* M. Yourcenar, Anna, Soror..., in Come l'acqua che scorre, p. 24.
** C. Consoli, Maria Catena, dall'album Eva contro Eva.
Immagine M.E, Federica Lampis