Chiedo alle mani di fare silenzio // sto osservando il palpito / robusto che trascende le tue vene. / Se non fosse per il tuo occhio / respirerei per il secolo d'aperto. (M.C.T.)
Risacca della tua solerzia
Al corpo del tuo
dono al corpo
della soglia
strappo morsi
come fossero
parvenze di grani.
E per colmare il vuoto della mia altra essenza
mia madre mi lavò con acqua torbida
mi condusse sul pendio di ogni montagna
e al vortice delle domande mi consegnò.*
Mastico l'alba
della tua solerzia
chiudendo con spille
la risacca aperta
dal tuo passaggio.
Balia dolce al
mio sonno equidistante
dall'angolo della
mia spalla.
Mi consacrò all'Eva della vertigine
e mi impastò con il buio e la luce
affinché diventassi donna-bersaglio e donna-freccia
trafitta e gloriosa
angelo dei piaceri senza nome.*
Arrotondo tazze
per accogliere pani
al frutto di madreperla
colto dal piede
del tuo cammino.
Straniera crebbi e nessuno mietè il mio grano.
Disegnai la mia vita su una pagina bianca
mela che nessun albero aveva partorito
poi la ritagliai e ne uscii
una parte di me vestita di rosso, un'altra parte di bianco.*
Intingo i miei occhi
nei laghi
di mare dolce
e contando
raduno chicchi
al pasto prossimo.
Appeso sul fondo
della tovaglia inamidata.
M. C. T.
* J. Haddad, Quando diventai un frutto, in Il ritorno di Lilith.
Immagine MoonWolf, Federica Lampis